La Corte di Cassazione ha chiarito come il mantenimento di un ambiente lavorativo nocivo possa configurare una violazione degli obblighi del datore di lavoro, anche in assenza di un intento persecutorio sistematico.
Il mobbing e lo straining sono due fenomeni che, pur differendo nella loro intensità e modalità di manifestazione, hanno un elemento in comune: la creazione di un ambiente lavorativo stressogeno capace di danneggiare la salute psicofisica del lavoratore.
Mentre il mobbing si caratterizza per una serie di comportamenti vessatori sistematici volti a isolare, discriminare o indurre un dipendente a lasciare il posto di lavoro, lo straining riguarda atti isolati e sporadici, ma con effetti psicologici persistenti.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31912 dell’11 dicembre 2024, ha chiarito che la rilevanza giuridica di queste condotte non dipende dalla loro sistematicità, ma dal fatto che contribuiscano a mantenere un ambiente lavorativo dannoso per la salute del dipendente.
Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte e quali sono le implicazioni di questa sentenza per datori di lavoro e lavoratori.
Mobbing e straining: definizione e differenze
Mobbing
Il mobbing si configura quando un lavoratore viene ripetutamente esposto a comportamenti ostili, umilianti o intimidatori sul posto di lavoro. Tali comportamenti possono provenire da colleghi (mobbing orizzontale) o da superiori gerarchici (mobbing verticale).
I principali elementi del mobbing includono:
- Ripetitività delle azioni nel tempo.
- Intento persecutorio da parte del responsabile.
- Effetti psicologici e fisici sulla vittima (ansia, depressione, stress).
Straining
Lo straining, invece, è una forma attenuata di vessazione lavorativa che non richiede la ripetitività degli atti, ma è sufficiente la creazione di una situazione lavorativa stressante e ostile.
Esempi di straining includono:
- Esclusione deliberata del lavoratore da comunicazioni o riunioni.
- Svalutazione professionale improvvisa e immotivata.
- Assegnazione di compiti dequalificanti o inutili.
A differenza del mobbing, lo straining può derivare anche da singoli episodi, purché abbiano un impatto duraturo sulla vittima.
La Sentenza della Corte di Cassazione n. 31912/2024
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, una dipendente comunale aveva denunciato comportamenti vessatori da parte di un superiore gerarchico. Tuttavia, i giudici di merito avevano escluso il mobbing poiché le condotte non risultavano sistematiche e ripetute nel tempo.
La lavoratrice ha impugnato la decisione, sostenendo che il vero problema non fosse il numero di episodi vessatori, ma l’ambiente lavorativo altamente stressante e dannoso per la sua salute psicologica.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando un principio fondamentale:
“La distinzione tra mobbing e straining è irrilevante ai fini giuridici, poiché ciò che conta è l’esistenza di un ambiente lavorativo nocivo e il ruolo del datore di lavoro nel mantenerlo o non prevenirlo.”
Il ruolo del datore di lavoro: obblighi e responsabilità
L’ordinanza della Cassazione ha posto l’accento sull’art. 2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro l’obbligo di garantire un ambiente lavorativo sicuro e salubre.
In base a questa disposizione:
- Il datore di lavoro non deve necessariamente essere l’autore delle vessazioni, ma è responsabile se permette o ignora la creazione di un ambiente stressogeno.
- La prevenzione dei rischi psicosociali è un dovere legale, al pari della sicurezza fisica.
- L’ambiente di lavoro deve essere tutelato anche in assenza di un mobbing “classico”, poiché la salute mentale è parte integrante del benessere lavorativo.
Le conseguenze per le aziende e i lavoratori
Per i datori di lavoro
Questa pronuncia rafforza l’obbligo delle aziende di:
- Monitorare l’ambiente lavorativo e rilevare situazioni di stress elevato.
- Attivare strumenti di prevenzione, come politiche anti-mobbing e corsi di formazione.
- Intervenire tempestivamente per evitare che situazioni problematiche degenerino in danni per i dipendenti.
Un’azienda che ignora o minimizza lo stress lavorativo rischia azioni legali e sanzioni per violazione dell’art. 2087 c.c.
Per i lavoratori
I dipendenti devono sapere che anche in assenza di un mobbing sistematico, il datore di lavoro è responsabile se tollera un ambiente stressante e ostile.
Le azioni da intraprendere includono:
- Raccogliere prove (email, testimonianze, relazioni mediche).
- Segnalare il problema al proprio ufficio HR o a un legale.
- Far valere i propri diritti ricorrendo, se necessario, a un’azione giudiziaria.
Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 31912/2024 rappresenta un passo importante nel riconoscere che la creazione o il mantenimento di un ambiente lavorativo dannoso è un illecito, indipendentemente dal fatto che si tratti di mobbing o straining.
Questa sentenza rafforza la tutela dei lavoratori, imponendo ai datori di lavoro un impegno attivo per prevenire lo stress lavoro-correlato e garantire un clima aziendale sano e rispettoso.
In un contesto in cui il benessere psicologico sul lavoro è sempre più al centro dell’attenzione, questa pronuncia sottolinea l’importanza di considerare non solo i singoli episodi di vessazione, ma l’effetto complessivo che l’ambiente lavorativo ha sulla salute dei dipendenti.