Cyberstalking e mobbing : la Cassazione conferma la rilevanza penale degli atti persecutori digitali

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La sentenza n. 10692 del 14 marzo 2024 della Corte di Cassazione Penale stabilisce che lo stalking compiuto tramite mezzi digitali, come social media e messaggi privati, è pienamente configurabile come reato ai sensi dell’art. 612-bis del codice penale.

Un principio che trova interessanti connessioni anche con il fenomeno del mobbing, soprattutto in ambito lavorativo.

Con la sentenza n. 10692 del 14 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito che gli atti persecutori realizzati attraverso mezzi digitali rientrano a pieno titolo nella fattispecie dello stalking, così come definito dall’art. 612-bis del codice penale.

In particolare, la Corte ha sottolineato che l’utilizzo di strumenti come social media, e-mail, messaggi privati o forum online per molestare, intimidire o perseguitare una persona produce effetti reali sulla vittima, con gravi ripercussioni psicologiche e sociali. Il principio ribadito è che non è necessaria la presenza fisica dell’aggressore, poiché le conseguenze dell’azione persecutoria si manifestano in modo analogo a quelle di uno stalking tradizionale.

Secondo i giudici della Cassazione, il cyberstalking può causare stati d’ansia, paura e un’alterazione significativa delle abitudini di vita della vittima, rendendo la sua esistenza difficoltosa o insostenibile, proprio come accade nei casi di persecuzione fisica.

Mobbing e cyberstalking: un legame crescente negli ambienti di lavoro

Uno degli aspetti più interessanti della sentenza è la sua possibile applicazione nei contesti lavorativi, dove il confine tra stalking e mobbing si fa sempre più sottile.

Il mobbing è un fenomeno che si verifica all’interno dei rapporti di lavoro e consiste in comportamenti vessatori sistematici attuati da colleghi o superiori, con l’obiettivo di emarginare, demoralizzare o indurre il lavoratore a dimettersi.

Negli ultimi anni, con la diffusione del lavoro digitale e dell’uso di strumenti di comunicazione online, si è assistito a un crescente numero di episodi di mobbing che includono anche azioni di cyberstalking, come:

  • Messaggi intimidatori o denigratori via email o chat aziendali.
  • Commenti offensivi o diffamatori su gruppi di lavoro online.
  • Esclusione sistematica del lavoratore da comunicazioni o riunioni virtuali per isolarlo.
  • Minacce velate o pressioni psicologiche tramite strumenti digitali.

Questi comportamenti, se ripetuti nel tempo, possono configurare un caso di mobbing digitale, che potrebbe essere ricondotto anche all’art. 612-bis c.p., se produce effetti simili a quelli dello stalking, come ansia, depressione o alterazione della qualità della vita del lavoratore.

Il ruolo della giurisprudenza e la tutela delle vittime

La sentenza della Cassazione rappresenta un importante passo avanti nella tutela delle vittime di stalking digitale e potrebbe costituire un precedente significativo anche per le vittime di mobbing attuato con strumenti informatici.

Infatti, l’orientamento della giurisprudenza sta sempre più riconoscendo che la persecuzione non richiede più un’interazione fisica diretta, ma può avvenire anche attraverso le nuove tecnologie, con effetti altrettanto devastanti sulla psiche e sulla stabilità della vittima.

Per le vittime di mobbing e stalking digitale, la sentenza suggerisce alcune azioni utili per tutelarsi:

  1. Documentare ogni episodio: conservare e-mail, screenshot di messaggi e interazioni sui social che dimostrino la condotta persecutoria.
  2. Segnalare tempestivamente: informare il datore di lavoro, il responsabile delle risorse umane o, nei casi più gravi, presentare una denuncia alle autorità competenti.
  3. Ricorrere alla tutela legale: se il comportamento persecutorio è sistematico, può configurare un reato perseguibile penalmente ai sensi dell’art. 612-bis c.p.
  4. Chiedere supporto psicologico: il cyberstalking e il mobbing possono avere ripercussioni sulla salute mentale, quindi è fondamentale non affrontare la situazione in solitudine.

Conclusione: un confine sempre più sottile tra stalking e mobbing digitale

Questa sentenza segna un cambiamento nella percezione giuridica della persecuzione digitale, riconoscendone la gravità e le conseguenze per le vittime. Se il cyberstalking è ormai inquadrato come un reato autonomo, anche il mobbing digitale potrebbe beneficiare di una maggiore attenzione da parte della giurisprudenza, specie quando assume forme particolarmente aggressive e dannose.

L’evoluzione del lavoro digitale e della comunicazione online rende sempre più necessario un adeguamento delle tutele per le vittime di vessazioni nei luoghi di lavoro, affinché la tecnologia non diventi uno strumento di abuso, ma un mezzo per migliorare la qualità della vita professionale.